domenica 1 maggio 2016

boccione maggiore sott'aceto

Boccione maggiore

Una delle piante spontanee commestibili che possiamo ancora trovare nel mese di giugno è il Urospermum dalechampii, comunemente chiamato boccione maggiore.
È un'asteracea tipica del bacino mediterraneo, dalla Spagna alla Dalmazia, compresa la costa del Nord Africa. In Italia è presente in maniera uniforme fatta esclusione per il Nord del Paese.
Già in antichità gli venivano attribuite varie proprietà benefiche, riportate anche nella cultura popolare contadina.
Si suole mangiarne la rosetta di foglie basali più giovani, crude (dal sapore amarognolo) o previa cottura, miste a quelle di altre piante spontanee dei campi, a mo' di cicoria o bietola.
I bei boccioli verdi rigati da linee nere possono essere conservati in salamoia come accade per i capperi. Il fiore somiglia a quello del tarassaco, benché sia più di un giallo zolfo più chiaro.
Il suo uso come ingrediente culinario è andato via via perdendosi ma si possono ricordare varie ricette di molte regioni che lo prevedono: nei misti d'erbe della Ciociaria alle cutturidde pugliesi (qui generalmente chiamata cirocella) ai ripieni amari della cucina lunigiana.

raccolta di oggi
si prova a fare i boccioli di boccione maggiore sott'aceto





mercoledì 6 gennaio 2016

ecco alcune cose che potremmo fare con il lentisco

Il Lentisco, la pianta che sana denti, gengive, stomaco e le emorragie

di Luigi Giannelli          
(VAL D'ORCIA - terra d'eccellenza)
La Val d’Orcia è una delle zone più ricche di flora tipica della Toscana e, forse, dell’Italia.
Innanzitutto, nonostante la non vicinanza con il mare, risente del suo inesorabile influsso e si crea una forma di macchia mediterranea, al tempo stesso tipica e  con caratteristiche peculiari.
Il terreno, prevalentemente argilloso, misto ad ampi banchi di travertino (che è calcare “spugnoso-
cavernoso” a carattere sedimentario-termale), favorisce le specie che amano l’alcalinità e la secchezza, tuttavia vicina ad un corso d’acqua importante (l’Orcia) e prossima alle fonti termali.
Nel mondo antico località come questa erano considerate vere miniere di materie prime di grandi utilità, vegetali, ma anche minerali ed animali.

Elemento caratteristico della macchia mediterranea è il Lentisco (Pistacia Lentiscus L.) della famiglia delle Anacardiacee (di essa fanno parte l’Anacardio, il Pistacchio, il Terebinto; alcune fonti di frutti oleaginosi, quasi tutte emettono, in condizioni particolari, delle gommo-resine).
Appunto, una delle gommo-resine più famose fin dalla più remota antichità è il Mastice (dal greco Mastikà).
Il Lentisco, ahimè, in Val d’Orcia, non trova un clima adatto ad emettere questa preziosa gommo-resina. Essa è tipica dell’arcipelago ellenico. L’isola più importante per la produzione del Mastice è l’isola di Chio: celebre nei mercati e nei traffici del mondo antico, ma ancor oggi non è stato dimenticato, era il Mastice di Chio.
Era usato popolarmente sia come una sorta di chewing-gum, masticato energicamente per rafforzare le gengive e curare disturbi di stomaco. Tant’è vero che una parte dell’olio essenziale che si trova nella gommo-resina, molto gradevolmente aromatica, è attivo sull’Helycobacter pylori, responsabile di molti danni alla mucosa gastrica.
Sappiamo bene che gli antichi, pur non sapendo molte cose che sappiamo oggi, si comportavano come se le conoscessero perfettamente!
La tradizione contadina locale faceva usare le foglie ed i giovani rametti di Lentisco per curare le gengive infiammate, i denti smossi, la piorrea, il mal di gola ed il mal di stomaco!
I nostri contadini masticavano le foglie come i contadini greci masticavano il Mastikà.
Ma vediamo i “sacri testi” (Quelli di Dioscoride – originario di Anazarba, in Cilicia, medico militare sotto Vespasiano e Tito nella Prima Guerra Giudaica, Imperatore il buon Nerone, e di Galeno, medico personale imperiale, da Marco Aurelio fino a Settimio Severo):
Come sempre 'aggiusteremo' alcune parole e frasi secondo la mentalità odierna, per facilitare la lettura.
Dioscoride, Materia Medica, Libro I°, Cap. 72° (vers. Mattioli)
... Ogni parte della pianta ha virtù astringente, ovvero i frutti, le foglie, i rametti, la corteccia e le radici.
Con la corteccia, le foglie e le radici se ne fa un liquido in questo modo: si cuociono lungamente nell’acqua; poi si toglie dal fuoco, si raffredda, si filtra e si torna a far bollire finché non assume la consistenza del Miele.
Si beve il Lentisco, con successo, per curare il vomito di sangue, i flussi del corpo [emorragie intestinali] e la diarrea; è utile anche nelle emorragie mestruali ed al prolasso uterino e anale.
Serve a sostituire il l’Acacia e l’Ipocistide [piante fortissimamente astringenti].
Lo stesso effetto lo fa il succo spremuto dalle foglie triturate.
La sua decozione applicata esternamente, cura le ulcerazioni e le ferite; consolida le rotture delle ossa, ristagna i flussi mestruali e ferma le ulcere “serpeggianti”.
Bevuto è anche diuretico.
Lavandosene la bocca, ferma i denti smossi [vedere come gli usi tradizionali si conservano per secoli e secoli!].
Si usano i suoi rametti per pulirsi i denti, al posto delle Canne [antenati degli spazzolini da denti].
Dal frutto si estrae un olio, conveniente quando ci sia da astringere.
Produce il Lentisco una resina [oggi sappiamo che è una gommo-resina1], chiamata da alcuni “Lentiscina” e da altri “Mastice”.
Questa, bevuta, giova al vomito di sangue ed alla tosse cronica; fa bene allo stomaco ma fa fare rutti (!).
Si mette nelle polveri che si preparano per i denti e nei cosmetici che si usavano per schiarire la pelle del viso.
Fa rinascere i peli delle palpebre e masticandola fa buono l’alito e rassoda le gengive. Nasce copiosa ed ottima nell’isola di Chio. Lodasi quella che risplende come una lucciola e quella che rassomiglia, nel suo candore alla Cera di Toscana, piena, secca, fragile, profumata , e stridente [si riferisce al rumore stridulo che fanno i grani della gommo-resina quando si sfregano tra di loro]. Se è verde è meno attiva.
Si sofistica con l’Incenso2 e con resine dei gusci delle pigne.

Mattioli, nel commentario che segue il testo Dioscorideo (ci serviamo dell’edizione veneziana del 1557 dei “Discorsi sui sei libri della Materia Medicinale di Pedacio Dioscoride Anarzabeo”), ci fa sapere che il Mastice si produce anche in Italia. Noi riteniamo soprattutto nelle regioni più calde, assolate e più vicine al mare.
Galeno descrive il Lentisco nell’ VIII Libro del “Le Virtù dei semplici medicamenti” (ovvero dei singoli prodotti usati per fare medicamenti); in questa parte del testo Galeno descrive sia il Lentisco come tale, sia il Mastice.
Lentisco (greco - “Schinos”)
Il Lentisco è un arbusto che contiene una essenza Acquea leggermente Calda e di una minore parte Terrestre e Fredda, grazie alla quale è moderatamente astringente.
Dissecca tra la fine del II grado e l’inizio del III, ma è quasi equilibrato tra Calore e Freddezza.
è astringente in tutte le sue parti, nelle radici, nei rami, nei germogli, nelle foglie, nei frutti e nella corteccia del fusto e dei rami.
Il succo estratto dalle foglie è anche esso simile e moderatamente astringente.
Lo si assume per via interna da solo o mescolato ad altri ingredienti nella diarrea ed in altre affezioni intestinali; giova nell’emottisi, nelle metrorragie e nel prolasso anale o dell’utero; questa ultima attività lo rende simile, affine e mescolabile con l’ Ipocistide [vedi anche il testo di Dioscoride]
Mastice (greco - “Mastike”)
Quando è candido, è consuetudine chiamarlo “Chio”.
è costituito da virtù contrarie, astringente ma anche emolliente; per questo motivo cura le infiammazioni dello stomaco, dell’intestino e del fegato.
Considerato il bilancio finale delle sue qualità, risulta Caldo e Secco nel II grado.
Quello nero è detto “Egizio” ed è più disseccante e meno astringente e quindi più adatto a disperdere i flussi Umorali per traspirazione; sempre per questo motivo è un eccellente rimedio per i foruncoli.
Macerandolo con Olio si ottiene l’ Unguento Masticino, ma lo si prepara solo con il “Chio” e non con l’ “Egizio”. Questo Unguento ha le stesse proprietà della droga tal quale.

Attenzione: mentre la descrizione di Dioscoride è comprensibile a tutti ancor oggi, perché più semplice e pratica, il testo di Galeno è molto più complesso ed occorre conoscere bene la Dottrina Umorale, secondo quella che abbiamo definito “Medicina Tradizionale Mediterranea”, in uso da noi fino alla fine del XVIII secolo.
I fenomeni naturali sono descritti secondo le Quattro Qualità (Caldo, Freddo, Secco e Umido) ed una loro accurata graduazione: il Lentisco è secco (perciò dissecca) tra il II° ed il III° grado, ed è equilibrato tra Calore e Freddezza. Invece il Mastice è Caldo e Secco nel II° grado.
Tenendo conto che la graduazione va dal I grado al IV (il massimo) si capisce l’intensità degli effetti. Inoltre il Caldo ed il Secco generano l’Elemento Fuoco, il Caldo e l’Umido l’Elemento Aria, il Freddo e l’Umido l’Elemento Acqua, il Freddo e il Secco l’ Elemento Terra.
Quindi, mentre il Lentisco è solo essiccante, il Mastice è governato, pur in basso grado (il II) dall’Elemento Fuoco.

Concludendo, possiamo usare il nostro Lentisco raccogliendolo in Val d’Orcia, tenendo conto che la pianta è attiva in tutte le stagioni. Considerando che è più ricco o della componente astringente (stagioni fredde) o della componente aromatico-resinosa (stagioni calde). Meglio raccoglierlo a luna calante, come la maggior parte delle piante. 

è utile sia per uso interno (diarree, emorragie, ulcerazioni alle mucose digestive), sia nell’uso esterno (come colluttorio gengivale, nelle forme lievi di piorrea, nelle infiammazione del cavo orale e soprattutto nelle emorragie post-estrazione o altri piccoli interventi odontoiatrici); eccellente per fare gargarismi per il mal di gola. Ottimo emostatico nelle piccole ferite accidentali.
Si può usare come decotto di alcuni minuti (non facciamo come gli antichi) e lasciar riposare almeno due ore o tutta la notte.
Ottimo l’estratto idroalcolico, da fare con  alcool (quello “Buon Gusto”, da liquori) a gradazione intorno ai 60°. La soluzione si prepara mescolando 600 ml di alcool e 400 ml di acqua distillata o meglio ancora con acqua minerale povera di Sali.
Si lascia in macerazione almeno un mese, poi si scola, si spreme, e poi si filtra con carta-filtro o con cotone idrofilo, messo 'a spessore' in un imbuto.
La soluzione idroalcolica così fatta, blocca le emorragie da piccoli interventi odontoiatrici in pochi minuti, quando occorrono a volte un paio di ore.
Per ottenere colluttori e preparati più attivi si mescolano le foglie fresche ben triturate con piante ad azione analoga o potenziante, come la Mirra (anche essa è una gommo-resina), i Chiodi di Garofano, la Genziana, tutte piante emostatiche, astringenti o antidolorifiche (soprattutto la Mirra e i Chiodi di Garofano).
Ottimo decotto per le forme gastriche ulcerose o semplicemente infiammatorie così fatto: un pugno di foglie di Lentisco, Melissa, Cannella triturata, Liquirizia e Malva, più o meno in parti uguali. Se ne fa un brevissimo decotto (un minuto!), poi si lascia riposare per 15 minuti e si beve a fine pasto.
Gli ipertesi e quelli che non vogliono la Liquirizia, possono usare dell’Anice in semi (in realtà sono i frutti).

Ed ora ... buona raccolta!
Ci raccomandiamo sempre di raccogliere solo le quantità che servono all’uso personale. Le foglie possono anche essere essiccate, conservando i loro poteri, ma dato che la pianta è sempre ben fogliuta, anche sotto la neve, perché non raccoglierla semplicemente quando ce n’è bisogno?

Note:

  1. Resina e Gommo-resina: la resina è un polimero di materie terpeniche, solubile solo nelle materie oleose; la gomma è un polisaccaride, che si disperde, formando gel, solo in acqua e soluzioni acquose; le gommo-resine sono complessi dei due polimeri, parte idrofili, parte lipofili. La parte resinosa contiene anche un olio essenziale, al quale abbiamo sopra accennato.
  2. Si sofistica con l’Incenso: si pensi al valore del Mastice, considerando che l’Incenso, all’epoca era molto costoso! Ancor oggi il Mastice costa più dell’Incenso.

giovedì 12 novembre 2015

possibile pianta da introdurre ai campi

Moringa oleifera

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Progetto:Forme di vita/Come leggere il tassoboxCome leggere il tassobox
Moringa oleifera
Oleifera Antanimieva.jpg
Arbusto di Moringa oleifera
Madagascar
Classificazione Cronquist
DominioEukaryota
RegnoPlantae
DivisioneMagnoliophyta
ClasseMagnoliopsida
OrdineCapparales
FamigliaMoringaceae
GenereMoringa
SpecieM. oleifera
Classificazione APG
OrdineBrassicales
FamigliaMoringaceae
Nomenclatura binomiale
Moringa oleifera
Lam.1785
Sinonimi
Moringa pterygosperma
Moringa aptera
La Moringa oleifera Lam.1785 è una pianta appartenente alla famiglia Moringaceae, diffusa in buona parte della fascia tropicale ed equatoriale del pianeta.

Descrizione

Moringa oleifera raggiunge dai 4 ai 7 m di altezza, ma con suolo profondo e fertile supera anche i 10 m; ha tronco eretto o ramificato dalla base, molle e a consistenza spugnosa; il legno è debole, i rami, sottili e intrecciati, sono penduli.
Le foglie sono pluricomposte (ogni foglia è composta da alcune fogliole), ogni fogliola è imparipennata con foglioline ovali opposte e con una fogliolina terminale; le foglie sono alquanto robuste, verde chiaro al dorso, verde glauco (pallido) al verso.
Le radici hanno un forte odore e sapore di ravanello, da cui deriva il nome di “horseradish tree” cioè l'albero del ravanello.
fiori sono piccoli ma numerosi, di colore bianco crema, ottimi produttori di nettare per le api, di discreto valore decorativo. In ambiente tropicale la pianta può fiorire due o tre volte all'anno.
frutti sono grandi baccelli a sezione triangolare, affusolati e appuntiti (30-45 cm di lunghezza), verdi e morbidi se immaturi; a maturità assumono una colorazione ocra e poi marrone e una consistenza legnosa.
semi bruni contenuti sembrano fagioli, ma sono tondeggianti e sono dotati di una membrana cartacea; sono da 16 a 22 per baccello, mentre ogni albero produce da 20 fino a 80 baccelli.

Distribuzione

Moringa oleifera è originaria dell'India orientale, si ritiene delle regioni pedemontane della catena himalayana dell'Uttar Pradesh. La specie è variamente diffusa e coltivata in tutta la fascia tropicale del pianeta.
Un'altra specie, la Moringa stenopetala, originaria dell'Etiopia (fascia sud) e Kenya (fascia nord), ha avuto un notevole sviluppo in coltivazione, soprattutto nei suoi paesi di origine. Produce meno frutti di Moringa oleifera, e quindi meno semi.

Ambiente

Fiori di Moringa oleifera
La pianta di Moringa è resistente alla siccità e può svilupparsi in un'ampia varietà di terreni, anche poveri, e su suolo sterile; in terreni di buona fertilità e mediamente irrigati può avere una crescita notevole. Non ha preferenze di suolo per quanto concerne il pH (suoli acidi o alcalini), tollerando valori di pH da 4,5 a 9,0; si sviluppa e può fruttificare già al primo anno di impianto con abbondante crescita di foglie.
La pianta ha assoluta necessita di terreno ben drenato, non sopportando terreni alluvionati o asfittici.

Resistenza al fuoco

L'albero non è resistente al fuoco, e questo è un grave svantaggio, dato che nei paesi di origine l'uso del fuoco, in maniera più o meno controllata, è un mezzo sbrigativo e frequente per il diserbo e la “fertilizzazione” del suolo. L'incendio boschivo produce gravissimi danni a questa specie, spesso fatali. A differenza di altre specie vegetali, che dopo l'incendio possono rivegetare, le piante di Moringa, una volta percorse dal fuoco, sono irrimediabilmente distrutte.

Clima

Le varietà comuni sopportano brevi gelate (soprattutto le piante adulte), ma il freddo, se ha una durata consistente, interferisce gravemente con la crescita e la fruttificazione, anche se non uccide la pianta.
La pianta rimane in vegetazione anche con clima molto secco; nel suo ambiente, in caso di siccità, è spesso l'unica che si conserva verdeggiante. Si ha la caduta delle foglie solo come difesa ad un clima estremamente arido, con il ritorno dell'umidità la pianta riforma le foglie.
La Moringa si ritiene coltivabile nella fascia climatica dell'arancio, preferendo certamente, in caso di coltivazioni significative, le zone più calde e riparate di tale fascia. Anche nelle zone europee con geli molto moderati è comunque possibile coltivare la Moringa all'esterno durante tutto l'anno. Importante, però, è la protezione delle radici con pacciamatura di paglia o accorgimenti simile per evitare il gelo delle radici. Tutta la parte esterna muore se esposta per tempi consistenti a temperature pari o inferiori allo zero centigrado, ma se la parte sotterranea riesce a sopravvivere rivegeta con vigore a primavera.

Usi alimentari

Frutti di Moringa oleifera
Dunt-dalun chin-yei, zuppa di Moringa della cucina birmana
Praticamente tutta la pianta è commestibile e di notevole interesse dal punto di vista nutrizionale.
Le foglie possono essere mangiate e sono molto ricche in proteinevitamine e sali minerali. Hanno un sapore leggermente piccante e gradevole anche allo stato crudo. Spesso sono preparate ininsalata, ma possono essere cotte come gli spinaci. Contengono il 25 per cento in peso di proteine (più delle uova e il doppio del latte di mucca), il quadruplo in vitamina A delle carote, quasi otto volte la vitamina C delle arance, il triplo del potassio delle banane.[1]. Un simile contributo proteico fa pensare che tale nutrimento possa essere un utile supporto per le gestanti e per l'allattamentoumano in condizioni di povertà e difficoltà. Le foglie, oltre che direttamente per l'alimentazione umana, possono essere utilizzate come foraggio per l'allevamento di animali. Se le foglie sono usate come foraggio assieme alla pasta residua dell'estrazione dell'olio, costituiscono un buon ricostituente alimentare per gli animali erbivori, di cui sembra migliorare le condizioni vitali. Sono un buon supporto post-parto per le vacche che reggono egregiamente elevate produzioni di latte, e per la crescita dei vitelli. La definizione di “animali erbivori” si deve intendere in senso lato dato che le foglie sono fortemente appetite da tutti gli erbivori, anche da pesci erbivori come le carpe, che ne sono molto ghiotte.
Per quanto riguarda i frutti, l'uso più diffuso e frequente è la preparazione, mediante bollitura, dei baccelli immaturi (detti 'mazze da tamburo'), che hanno il sapore degli asparagi. Nella medicina Siddha sono considerati dei potenti afrodisiaci per ambedue i sessi.
I semi vengono assunti bolliti o tostati e hanno il sapore dei ceci. L'estrazione di olio dai semi è un'importantissima risorsa: i semi contengono dal 30 al 50% di olio (le olive dall'8 al 20%). L'olio estratto contiene dal 65 al 76% di acido oleico che è lo stesso grasso insaturo dell'olio d'oliva. L'olio è dolce e saporito e non irrancidisce, diversamente dall'olio di Jatropha. È perfettamente adatto all'alimentazione umana. Estratti gli oli dai semi, la pasta residua contiene il 60% di proteine pregiate. Questa è una quantità enorme se si considera che il residuo dell'analogo trattamento dellasoia (prodotto di discreta qualità proteica vegetale) produce dal 30 al 35% di proteine, la cui gamma di aminoacidi, come per la gran maggioranza degli altri vegetali noti, è incompleta. Le proteine ottenute della pasta residua sono adatte per l'alimentazione umana.
Anche le radici sono commestibili e, come accennato, hanno sapore piccante come di ravanello. L'aroma piccante delle radici è più pronunciato di quello delle foglie. L'uso comune delle radici è quello di aromatizzante (analogo al rafano), ma, per la presenza di un alcaloide (la spirochina) che interferirebbe con la trasmissione nervosa, ne è sconsigliato l'uso in quantità eccessiva.
Anche i fiori sono commestibili, di norma preparati in insalata.
La moringa è pianta mellifera, e quindi può esser prodotto il miele dai suoi fiori.
È di grande rilievo il fatto che il contenuto proteico delle parti della pianta è completo (cioè contiene tutta la gamma degli aminoacidi, anche quelli pregiati). Questo fatto è pressoché unico tra i vegetali e si può definire la Moringa oleifera come l'unica pianta esistente (oggi nota) con tali caratteristiche.
Tali caratteristiche rendono la Moringa una pianta interessante dal punto di vista umanitario, in quanto possiede un grande potenziale per combattere famemalnutrizione, e povertà.

Altri usi

L'olio estratto dai semi può essere usato per produrre saponilubrificanti e cosmetici dal valore equivalente a quelli prodotti con l'olio di oliva, e quindi piuttosto elevato. Gli oli estratti sarebbero anche adatti alla preparazione di carburante biodiesel, anche se sembra un uso non appropriato visto la qualità e i potenziali usi alimentari.
Dalla corteccia è estratta una gomma dai molti usi, e sostanze tanniche usate per la concia delle pelli. Il legno può essere utilizzato per l'industria della carta, fornisce inoltre una tintura di colore azzurrato.
Dalle foglie di Moringa oleifera si può preparare, mediante la infusione delle foglie in acqua per diversi giorni, un concime liquido. L'aumento di crescita delle piante concimate mediante la nebulizzazione del liquido ottenuto sulle superfici assorbenti è notevole (fino al 25%).

Utilizzo nella depurazione dell'acqua

L'uso più famoso della pianta è quello di depurazione dell'acqua tramite i semi. La farina di semi di Moringa è un ottimo depuratore dell'acqua o di altri liquidi alimentari, avendo un eccellente potere flocculante: fissa e adsorbe (cattura fissando) i corpi batterici e le altre impurità in sospensione nel liquidi inglobandoli in fiocchi che poi precipitano al fondo, lasciando il liquido più limpido e depurato. Il potere flocculante è dovuto ad un polielettrolita particolarmente efficace. Tale proprietà di purificazione è ben nota nelle zone nelle quali spesso l'acqua non è pura. In tali luoghi, la Moringa oleifera è definito come “l'albero dell'acqua pulita”. Ad esempio nella valle del Nilo la Moringa oleifera è conosciuta come "Shagara al Rauwaq” che significa testualmente "albero che purifica", (Von Maydell, 1986).